Lacan citava Durkheim quanto alla “contrazione dell’istituzione familiare” [1] che va dall’antica gens romana alla famiglia imperniata sulla patria potestas sino alla “famiglia coniugale” costituita da mamma, papà e figli. Le famiglie moderne oltrepassano spesso l’organizzazione canonica con i contesti multigenitoriali, con le famiglie arcobaleno, con le famiglie monogenitoriali.
A volte veniamo contattati da coppie che descrivono una radicale crisi coniugale, in caso di separazione o divorzio; che chiedono una consulenza a proposito delle relazioni fra loro in riferimento alla situazione di figli colpiti da notevole sofferenza. Essi sono genitori di un bambino autistico, un’adolescente con importanti disturbi alimentari, un giovane che ripete ricoveri in psichiatria, un tossicomane che non dialoga e sfugge a ogni trattamento clinico: in breve, genitori di soggetti che non parlano oppure parlano in modo olofrastico, laconico, a monosillabi.
La coppia coniugale in qualche modo non funziona più bene ma permane una richiesta di supporto da parte della coppia parentale. Dinanzi a figli privi, perlomeno in un certo momento, di quella sorta di legame sociale che è il soccorso ricevuto da “un discorso stabilito” [2], l’opportunità di parlare offerta ai genitori costituisce uno spazio residuale per un discorso nella famiglia anche là dove la coppia d’amore si è ormai dissolta andando in frantumi.
Alcune di tali consulenze evolvono ben presto in percorsi analitici individuali di uno o entrambi gli ex coniugi; li consideriamo dunque preliminari all’esperienza analitica dato che ci si analizza sempre in posizione di figli anziché di genitori. Altre volte, quando è proprio arduo mettere al lavoro analizzante queste persone, si verifica invece un percorso con la coppia più prolungato. Si caratterizza talora per una serie di tranches in momenti di acuzie delle dinamiche familiari. In questi casi non abbiamo un attraversamento del fantasma, un’apertura dell’inconscio, un lavoro su sogni o lapsus: si rimane in una dimensione diversa da quella della psicoanalisi pura, sebbene l’orientamento analitico risulti prezioso come lettura di queste complessità. In tali circostanze, il legame residuo della coppia parentale diviene un importante elemento per lavorare indirettamente sull’Altro di figli carenti della parola, del desiderio e talvolta dell’amore. Affermava Lacan: “Bisogna essere in tre per amare e non in due soltanto” [3]; la funzione del Terzo viene allora rilanciata dal clinico orientato dalla psicoanalisi che in questi incontri riavvia il dialogo familiare come spazio di terzietà efficace per la coppia dei genitori e, indirettamente, talvolta per i loro figli.
[1] J. Lacan, I complessi familiari nella formazione dell’individuo in Altri Scritti, Einaudi, Torino, 2013, p. 26.
[2] J. Lacan, Lo stordito in Altri Scritti, cit., p. 472.
[3] J. Lacan, Il seminario. Libro VIII. Il transfert, Einaudi, Torino, 2008, p. 147.