Adamo aveva ricevuto una legge: non doveva mangiare il frutto dell’albero della conoscenza. Questo enunciato includeva anche la sua possibile trasgressione, sotto forma di un divieto esplicito. Una volta uniti, Hava e Adamo si affrettano a mettere in atto questo divieto. Insieme, si rendono colpevoli e acquisiscono conoscenza. Puniti, vengono esiliati, diventano mortali e Hava partorirà nel dolore.
Questo è un punto di svolta nel Bereshit: lì dove Adonai era il creatore, l’uomo che ha acquisito la conoscenza diventa creatore a sua volta. E la sua creazione è la famiglia, di cui ecco la storia:
Hava dà alla luce Caino. Poi ebbe un secondo figlio, Ebel.
Caino ed Ebel fanno offerte ad Adonai, che “considera Ebel e la sua offerta. Caino e la sua offerta, non li considera” [1].
Geloso, Caino, al quale Adonai ingiunge di governare la sua passione, “dice a Ebel, suo fratello… Ed quando essi sono nei campi, Caino si leva contro Ebel, suo fratello, e lo uccide” [2].
C’è una sorprendente rottura di stile tra queste due frasi. Ma nella sua traduzione, André Chouraqui lo accentua includendo i puntini di sospensione. Cosa significano questi puntini di sospensione? Caino, inghiottito dalla rabbia, ha rinunciato a parlare con suo fratello? O la parola è stata impotente a calmare la sua passione [3]?
Adonai sa tutto, vede tutto: “Che cosa hai fatto? […] Sarai sulla terra vagando, errante” [4]. E Adonai marchia Caino con un segno, perché nessuno lo colpisca.
Caino, sua moglie e i suoi discendenti errano per il mondo, inventando il nomadismo, ma anche le città, l’industria e l’arte. L’invenzione è figlia della trasgressione.
Questa storia si interpreta alla luce di ciò che ci insegna Jacques-Alain Miller: “la famiglia ha la sua origine nel malinteso, nel non-incontro, nella delusione, […] il crimine” [5].
Adonai ha condannato Caino all’erranza, è stato cacciato come Adamo e Hava erano stati cacciati prima di lui, condannati all’esilio. Per due volte, l’umanità nascente inventa la famiglia nella trasgressione della Legge: il crimine dell’appropriazione della conoscenza, il crimine del fratricidio. “[La] famiglia è essenzialmente unita da un segreto, è unita da qualcosa di non detto. […] E’ sempre un segreto il suo godimento” [6]. Nessuna famiglia umana può sfuggire a questa ripetizione, ma ognuna la declina a suo modo. Ognuna è una costruzione singolare che vela il godimento. Nel suo incipit di Anna Karenina, Tolstoj non si sbaglia: “le famiglie infelici sono infelici ciascuna a suo modo” [7].
Se la storia di questa famiglia – la prima – si colloca nel racconto della Torah come cerniera tra la creazione divina e la storia dell’umanità, è perché ci dice che è dal malinteso, dalla parola che non spegne il godimento e dalla trasgressione che nasce il principio di unità, la coesione della famiglia, della filiazione, della comunità umana.
[1] A. Chouraqui (trad.), La Genèse 4,8, in La Bible, Desclée de Brouwer, Paris 1985, p. 24.
[2] Ibidem.
[3] A. Nouis, Caïn et Abel, pourquoi n’ont ils pas s’ont pas parle?, 2 novembre 2011, consultabile al seguente indirizzo: https://leblogdantoinenouis.fr/perles-bibliques/cain-et-abel-pourquoi-ne-se-sont-ils-pas-parle/, inedito.
[4] A. Chouraqui (trad.), op. cit.
[5] J. -A. Miller, Affaires de famille dans l’inconscient, Enfants terribles et parents exaspérés, Navarin, Paris 2023, p. 163.
[6] Ibidem.
[7] L. Tolstoj., Anna Karenina, Gallimard, Folio Classique, Paris 1952, p. 20.
Traduzione : Elena Madera
Revisione : Elda Perelli